Li organizzerà la Cisl nei capoluoghi di provincia dell’Isola, offrendo servizi di accoglienza, assistenza, per la parità di genere. E forme di welfare familiare, integrazione e inserimento sociale. Obiettivo: dare sostegno a famiglie, giovani, immigrati. E «a chi svolge lavori poveri, spesso nei settori della logistica, della distribuzione, della cura della persona». A dare il via libera, i 200 componenti della Conferenza regionale d’organizzazione
«Nelle periferie, con i giovani. Per il lavoro». Partirà dai nove capoluoghi siciliani di provincia il progetto che la Cisl lancia in occasione della sua conferenza regionale d’organizzazione. Un programma che sarà al centro della omologa conferenza nazionale che si terrà a Roma tra il 9 e l’11 luglio. E di cui hanno discusso oggi, nell’Hotel Torre Normanna di Altavilla Milicia-Palermo, i 200 partecipanti all’assise regionale. In pratica, lo stato maggiore della Cisl Sicilia: vertici provinciali e regionali di federazioni, enti, associazioni. E delle cinque aree territoriali in cui il sindacato articola nell’isola la presenza. Il progetto, che punta a dare «nuova centralità alle periferie del lavoro e della vita sociale», muove dalla presa d’atto, spiegano alla Cisl, che «sempre più il mondo del lavoro, anche in Sicilia, sarà polarizzato tra lavori poveri e lavori ricchi». Questi ultimi, ad alto contenuto professionale, rimandano al «dramma della migrazione intellettuale giovanile che qui vivono tantissime famiglie i cui figli, con laurea in tasca – denuncia Sebastiano Cappuccio, segretario generale regionale – fanno le valigie e vanno via. E quasi sempre non tornano più». Sono 25 mila ogni anno per un costo complessivo per la Sicilia, tra nuclei familiari e istituzioni, di ben 200 mila euro l’uno, calcola il sindacato. Un dato che rattrista. Tanto più se messo a confronto col mercato del lavoro: «più di un giovane siciliano su due, tra 15 e 24 anni, in Sicilia non ha occupazione. Niente. Neppure un lavoro povero, che è l’altra sponda del mercato del capitale umano».
I lavori poveri, ragionano alla Cisl, sono quelli che «da qualche tempo si vanno concentrando nei settori della logistica, della distribuzione, della cura della persona. E riguardano il mondo dei lavoratori, spesso con basso titolo di studio». Anche qui, involontari protagonisti di questa nuova povertà sono per lo più i giovani, gli immigrati. E in generale «tutti coloro i quali popolano le aree della marginalità sociale, del disagio urbano. Della precarietà anche in termini di tutele e di diritti». Saranno loro il «target d’elezione» del progetto Cisl. Un programma di iniziative «che non esclude tuttavia nessun soggetto sociale», puntualizza il sindacato.
In pratica, nei nove capoluoghi di provincia la Cisl, nei prossimi mesi, farà leva su «sportelli lavoro, servizi di accoglienza, assistenza. Per la realizzazione della parità di genere». E su forme di alleanza sociale con l’universo delle associazioni impegnate nel recupero delle periferie sociali ed esistenziali, annuncia il sindacato riprendendo un’espressione cara a papa Francesco. Tra l’altro «pensiamo – spiega Cappuccio – a forme di welfare familiare, con attività di sostegno sociale, sanitario e assistenziale a famiglie in difficoltà. E offrendo anche strumenti per la ricerca di opportunità. E la protezione e l’inserimento sociale».
Alla conferenza regionale, dopo la relazione d’apertura di Cappuccio, sono intervenuti: il vescovo di Cefalù e delegato Cesi (la Conferenza episcopale siciliana) per i problemi sociali e del lavoro, monsignor Giuseppe Marciante; i segretari regionali Rosanna Laplaca e Giorgio Tessitore. E il segretario confederale nazionale Cisl Piero Ragazzini, che ha tirato le fila della discussione.
Marciante ha posto un quesito: «Il tema è su quale modello di sviluppo sostenibile puntare per la Sicilia e per il Sud». Perché il Sud muore, ha ripetuto richiamando il recente libro di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo (Se muore il Sud Feltrinelli, ndr). Per il delegato Cesi, «il Sud muore perché da qui i giovani vanno via. E vanno via perché nel Sud e in Sicilia manca la speranza, manca il lavoro». I giovani, avverte il presule, sono la primavera di una società e se mancano i giovani la società si spegne. Per Marciante, i nodi principali da sciogliere sono il lavoro e le infrastrutture. «Se non si risolvono questi nodi la nostra società sarà sempre più una società di vecchi. Una società senza futuro». Marciante ha anche ricordato le «iniziative che come Chiesa abbiamo deciso di mettere in campo a favore dell’imprenditorialità giovanile. Mettendo pure a disposizione immobili ecclesiastici abbandonati, tanti istituti chiusi». Una scelta che possono fare anche i Comuni. E qualcuno, «e ne siamo felici», ha cominciato a farlo.
Laplaca e Tessitore. I due componenti della segreteria regionale Cisl sono intervenuti, la prima su sindacato e sistemi di welfare, l’altro sulle politiche organizzative. Quest’ultimo ha illustrato i dati sullo stato di salute della Cisl nell’Isola. «In Sicilia – ha informato – il totale degli iscritti al sindacato, al 31 dicembre scorso, è di 276.219 unità. I lavoratori attivi sono 171.596, i pensionati 97.475, 7.148 sono le adesioni alla rete delle associazioni promosse dalla Cisl». Tessitore si è anche soffermato sulle attività degli enti di servizio, Caf e Inas. E ha sottolineato «il gran lavoro svolto dalle nostre sedi su Quota 100»: nei primi cinque mesi di quest’anno le posizioni aperte nei confronti dell’Inps ammontano a 7.998, pari al 61,32% in più dell’intera attività del 2018. Laplaca ha insistito sul «valore della prossimità nel fare sindacato». «La prossimità – la sua tesi – va rilanciata come chiave strategica per riqualificare la rappresentanza e tenere unite le diverse componenti del mondo del lavoro e della società». Per noi la prossimità è prima di tutto un dato culturale. Così «lavoriamo per un welfare di prossimità come processo culturale ed economico che crei opportunità inclusive, di partecipazione e cittadinanza attiva». Un obiettivo che vale per tutti ma riguarda specialmente, ha rimarcato, «l’universo giovanile che oggi vive condizioni di particolare disagio».
Ragazzini è tornato sugli sportelli lavoro al centro della conferenza regionale. «Un’iniziativa di grande spessore – le sue parole – che dà corpo alle due idee-forza che sono alla base del sindacato nuovo che la Cisl sta costruendo»: organizzare luoghi di speranza che disegnino un mondo antitetico a quello di chi fabbrica paure; rimettere in moto tutti i gangli della realtà meridionale per «fare del Sud un’economia legata, meglio, sinergica con il resto del Paese». Perché come ha ricordato monsignor Marciante, «se muore il Sud muore l’Italia. E questo sarebbe un problema enorme per l’Italia e per l’Europa oltre che per la società meridionale». Umberto Ginestra